Alcuni anni fa, anzi, parecchi anni fa, feci a mia nonna una domanda a cui lei non seppe rispondere e a cui nessuno mai potrà offrire una risposta certa, ovvero: “Quale futuro mi aspetta?”; da lei, ovviamente, non ebbi la risposta decisa ma mi tolse molti dubbi e mi confortò tanto da non farmi essere più un’adolescente confusa e spaesata nel mondo degli “adulti lavoratori”.
Con la sua voce rauca cominciò a parlare, chiudendo gli occhi, come quando si cerca qualcosa nella mente: <<Questa è una bella domanda, piccolina, e forse la più frequente, per te, in questo periodo. Quando io avevo la tua età i miei genitori spesso non erano a casa ma in campagna a lavorare per mantenere la nostra famiglia. Loro non erano andati a scuola per molto tempo, avevano frequentato, però, le elementari, e a quel tempo erano considerati piuttosto “colti” per essere solo contadini.
Ma la loro qualità era l’intelligenza.
Finite le scuole medie andai in un liceo classico molto ambito, con molti sensi di colpa: mio padre aveva aumentato le sue ore di lavoro e mia madre, quando era a casa, tesseva indumenti per poi venderli al mercato una volta alla settimana, perché il loro vecchio stipendi non era sufficiente e la retta scolastica era molto cara.
Io per ripagarli ero assolutamente impeccabile, avevo i voti alti a scuola e le mie pagelle erano sempre ottime, cercavo di chiedere loro il meno possibile e sbrigavo le faccende di casa.
Molti miei compagni abbandonavano perché non riuscivano a tenere il ritmo della scuola e per la severità dei professori, mentre io li “veneravo” e ringraziavo.
Nel frattempo trovai un lavoro presso un giornale locale e scrivendo piccole articoli arrotondavo e limitavo un po’ gli enormi sforzi dei mie sostenitori, dei miei “angeli custodi”, mamma e papà.
Presi la maturità con il massimo dei voti e mi iscrissi all’università.
Fu molto dura e stressante, ma mi laureai in lettere con 110 e lode.
E dopo? Cercai lavoro per un po’, e fortunatamente due mesi dopo mi contattò il direttore di un quotidiano famoso in tutta Italia.
Pensai che fosse la manna dal cielo e accettai subito l’incarico.
Iniziai come “addetta all’archivio” e lo fui per un anno. Dopo varie promozioni diventai una delle principali giornaliste e autrici degli articoli più importanti, e finalmente riuscii a mantenere me e le persone a me care senza sforzo.
Fu uno dei momenti per me più belli e gratificanti.
Mi sposai ed ebbi tre figli.
Lavorai per quel giornale per trentacinque anni, poi mi licenzia perché molte cose erano cambiate, e scrissi un libro che non ho mai reso pubblico, forse un giorno lo farò.
So che ti avrò annoiata, con questo racconto, ma dato che non ti sei ancora addormentata vorrei spiegarti un semplice concetto.
Devi capire che non si deve mai sottovalutare la scuola e mai abbattersi o demoralizzarsi di fronte ad un ostacolo, piccolo o grosso che sia!
Io sono partita dal nulla ma negli anni ho sempre avuto la stessa idea nella testa: lo studio mi aiuta, lo studio è mio amico!
Tutti i sacrifici sono serviti, tutte le rinunce sono state ripagate dalle soddisfazioni che ho avuto.
Tu non puoi prevedere il tuo futuro, certamente, ma ascolta questo consiglio, cara: continua a studiare sempre, informati, fai in modo che il tuo cervello sia sempre in movimento e mai arrugginito ricordati di quanto sia importante un lavoro.
Cerca di non inciampare, e se mai un giorno dovessi cadere rialzati e ricomincia a leggere, scrivere, e fare ricerche, informarti, studiare, STUDIARE!>>.
Questo te lo ripeterò finche avrò la parola.
Io ho fatto il suo stesso lavoro per molti anni e ho sempre ricordato e sempre ricorderò le sue parole.
Ora sono nonna anche io.
Lo studio è il cibo della mente: ricordatelo, nipotina mia!
Francesca Rivetti, III A Roverino
La premiazione di Francesca, articoli e fotografie [clicca qui]
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